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Topics - Pianoth

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Suggerimenti e idee / Link ai post non letti
« il: Ottobre 20, 2017, 07:23:01 pm »
Innanzitutto, bella interfaccia, mi piace. Vedo solo una mancanza rispetto alla precedente: manca un link alla pagina http://forum.pianosolo.it/unread/ nella quale si possono comodamente vedere tutti i post non letti da tutte le sezioni. Da quello che vedo, ci sono link solo per le singole sezioni, il che è comunque più scomodo del consultare direttamente quella pagina. Se riuscite a mettere il link da qualche parte, molto bene, altrimenti ci abitueremo. Se riuscite a farlo funzionare anche su tutti i cellulari, sarebbe il top (ma so che non è sempre semplice).

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Di tutto e di più / Come memorizzare con sicurezza.
« il: Agosto 24, 2017, 12:07:28 am »
Condivido una mia lunga e dettagliata risposta, postata da me oggi su Facebook, ai problemi relativi alla memorizzazione, che non si vuole porre come verità assoluta, ma che tuttavia è in grado di spiegare in base a quali principi qualunque metodo di memorizzazione può essere efficace o meno, quali sono le maggiori cause dei vuoti di memoria, qual è un metodo efficiente per ridurli al minimo, e altro.
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Cerco di spiegare, nella maniera più sintetica che mi riesce (ma tanto so che sarà lungo comunque), la mia visione sull'argomento della memorizzazione di un brano.

Le vie tradizionali che si seguono per memorizzare sono 2, completamente opposte:
1. La memorizzazione che mi piace definire "per osmosi", che avviene in maniera automatica, a forza di ripetere, mentre si studia il brano a livello tecnico e musicale. Una memorizzazione, quindi, che avviene direttamente al pianoforte.
2. La memorizzazione "analitica", che avviene analizzando il brano a livello armonico e strutturale, e memorizzandolo come se fosse una poesia, e può avvenire anche lontano dal pianoforte.
Tuttavia, entrambe le vie tradizionali si rivelano fallaci.

La prima perché esclude qualunque lavoro conscio di memorizzazione da parte del pianista, per cui, se per caso avesse un vuoto di memoria, si potrebbero avere serie difficoltà a riprendere. Inoltre, con questo metodo può essere complesso memorizzare passaggi lenti. Infine, la memoria dei passaggi più semplici, che verranno per ovvie ragioni ripetuti di meno, sarà più fragile. L’unico vantaggio che ha questa prima via, rispetto alla seconda, è che la memorizzazione avviene senza il minimo sforzo.

La seconda, al contrario, senza il supporto del pianoforte, è un metodo di memorizzazione che richiede un grandissimo lavoro da parte del cervello, per cui si rivela, seppur teoricamente possibile, troppo inefficiente, anche se il pezzo si memorizza in maniera qualitativamente migliore. Nel caso di un vuoto di memoria, si potrebbe essere in grado di riprendere un brano dal successivo punto importante memorizzato, ma ci potrebbero comunque essere successivi vuoti di memoria. Inoltre, nel caso di brani, ad esempio di musica contemporanea, in cui non è possibile fare un’analisi a livello armonico e strutturale, questo metodo mostra maggiormente la propria debolezza. Questo metodo, in realtà, è buono solo per memorizzare parti di contorno o di accompagnamento, e un brano intero non lo è.

Descrivo quindi la soluzione che propongo.

Ci sono 5 componenti della memorizzazione che devono essere soddisfatte tutte, per avere una memorizzazione sicura al massimo possibile:
1. La parte visiva;
2. La parte cinetica;
3. La parte uditiva;
4. La parte concettuale;
5. La parte tecnica.

Partiamo dalle prime tre, e usiamo come esempio la memorizzazione di una poesia: la parte visiva si soddisfa nel momento in cui si guarda il testo, in maniera concentrata, avendo l’intenzione di memorizzare. Altrimenti, si potrebbe leggere il testo molte volte senza mai memorizzarlo. Per memorizzare la poesia, la si legge molte volte ad alta voce, in modo da allenare la bocca a dirla senza bloccarsi: questa è la parte cinetica. Allo stesso tempo, mentre si legge, l’orecchio ascolta tante volte la stessa cosa, ed entra spesso in gioco la parte uditiva in maniera automatica.

È da queste tre componenti che la memorizzazione di un brano al pianoforte deve partire: frase per frase, con la parte visiva, la parte cinetica e la parte uditiva.

Al pianoforte abbiamo due tipi di visualizzazione: la visualizzazione di una frase musicale sullo spartito, quindi la memorizzazione visiva del foglio da cui si è memorizzato lo spartito, e la visualizzazione della stessa frase musicale alla tastiera, quindi la memorizzazione della visualizzazione spaziale delle relazioni fra le note alla tastiera.

A livello pratico, questo è quello che bisogna fare per memorizzare un brano: innanzitutto, nei primi giorni, si deve leggere il brano, in modo tale da farsi un’idea generale del brano (potrebbero bastare anche alcune ore, o alcuni minuti, dipende dalla lunghezza e dalla difficoltà soggettiva del brano in questione). Fatto ciò, bisognerà cominciare il processo conscio di memorizzazione il prima possibile, prima che l’aspetto cinetico prenda il sopravvento, altrimenti non sarà facile capire se il brano è effettivamente memorizzato, oppure è stato memorizzato “per osmosi”. L’aspetto cinetico ci deve essere, ed è molto importante, ma non è sufficiente da solo. Per cui, si dovrà consciamente memorizzare, frase per frase, il brano: si suona la frase che si vuole memorizzare, guardando lo spartito con l’intenzione di memorizzarlo visivamente, e si ripete finché si è sicuri di averla memorizzata. Se la frase è troppo lunga, naturalmente, la si potrà dividere in gruppi più piccoli. Nel momento in cui la si è memorizzata in questo modo, si rimuove lo spartito da davanti, e si prova a suonare la frase di nuovo, ripetendo varie volte, questa volta memorizzando l’aspetto della frase che ha al pianoforte. Dopo avere ripetuto un po’ di volte, si può provare a verificare la memorizzazione suonandola un’altra volta senza lo spartito davanti. Se si ha l’impressione che la memoria non sia sicura, si riprende lo spartito e si ricomincia il processo da capo. Altrimenti, si va alla frase successiva.

È importante osservare che è necessario che le frasi musicali da memorizzare siano molto piccole, in quanto il cervello è in grado di memorizzare e processare solo poche informazioni alla volta. Se dall’inizio, si memorizzano varie frasi, ma non le si ripetono, si potrebbe avere difficoltà perfino a ricordare come il pezzo comincia. Per cui, frase per frase, si dovrà memorizzare anche le frasi unite, sempre con e senza lo spartito, e pezzo per pezzo il brano verrà memorizzato, senza avere fretta.

All’inizio questo processo potrebbe sembrare lento e faticoso, infatti all’inizio, indubbiamente, lo è. Tuttavia questo processo di memorizzazione, nel momento in cui diventa un’abitudine, è molto veloce, e diventa un altro modo di leggere lo spartito: la memorizzazione avviene mentre lo si legge. Inoltre, la sicurezza della memoria, acquisita con questo sistema, compensa la fatica iniziale. Nel caso di brani di musica contemporanea, in cui non è possibile un’analisi armonica, può essere utile dare un po’ più priorità alla memoria visiva alla tastiera.

Una volta memorizzato il brano, o una lunga sezione del brano, bisognerebbe spesso risuonarlo con lo spartito davanti, concentrandosi come se si fosse appena cominciato lo studio del brano. L’alternanza tra il suonare il brano a memoria, e suonarlo leggendolo attentamente dallo spartito, rinforza tutte e tre le parti della memoria finora analizzate. Se, una volta memorizzato il brano, si suonerà più volte affidandosi alla memoria, la parte cinetica prenderà il sopravvento, e potrebbero tornare dubbi. Questo si nota facilmente con i bambini, o con i pianisti con una velocità di lettura piuttosto lenta: imparano un brano, lo memorizzano in maniera quasi istantanea, non guardano mai lo spartito, e poi quando il maestro vuole lavorare sul brano con lo spartito, non lo riescono a seguire. È un grosso problema, e un grosso sintomo. Per cui il processo di alternanza tra memoria e lettura va tenuto sempre vivo.

Ora, per quanto riguarda la parte uditiva e la parte concettuale. Mentre si ascolta ciò che si suona, è utile, anche per fini interpretativi, cercare di dare un significato, e un carattere, a ciò che si sta suonando. Se le note delle frasi non diventano una sequenza logica mentale di idee, potrebbero restare incoerenti. Per esempio, memorizzare una frase in una lingua che non si conosce, è molto più impegnativo rispetto a memorizzare una frase in una lingua che si parla. Inoltre, per capire il contesto emozionale di un brano, bisogna capire come ogni singola nota si relaziona alle altre, e come ogni frase si relaziona alle altre. Per esempio, è difficile ricordare una frase che non ha senso, anche se è scritta in una lingua che si sa parlare. Quindi, mentre si memorizza, è necessario un ascolto attivo e concentrato. Questo concetto è particolarmente importante nel caso di brani di musica contemporanea: se non si dà un senso, è molto difficile memorizzare.

Può essere interessante notare che spesso i vuoti di memoria capitano nelle transizioni. Una transizione, in musica, così come nella vita (sigh), può essere la sezione più drammatica e importante. È il momento emozionale che causa il cambiamento e lo sviluppo delle idee in una maniera logica. Quando una nota, o una frase, è considerata meno importante, potrebbe essere dimenticata più facilmente. Per cui, mentre si memorizza, bisogna penetrare nella logica del brano, e bisogna capire ogni sezione sia a livello intellettuale che emozionale, e non ci sono note meno importanti nelle frasi (e ciò è vero anche a livello tecnico).

E veniamo infine all’ultima componente della memorizzazione, la parte tecnica. Ci sono alcuni problemi di memoria che non hanno nulla a che vedere con ciò che riguarda le prime 4 componenti. Anche facendo tutto perfettamente fino a questo punto, si potrebbero comunque avere vuoti di memoria. Ci sono artisti che memorizzano in maniera così facile e naturale, che fanno tutto ciò che ho descritto sopra in maniera intuitiva e veloce al punto che non ne sono neanche consapevoli. È esattamente la stessa cosa che avviene per artisti con una tecnica naturale perfetta, fanno tutti i movimenti giusti senza neanche rendersene conto. Ma anche loro hanno avuto vuoti di memoria, talvolta. Spesso, un vuoto di memoria è un fallimento tecnico che ha distrutto la memoria, questo è ciò che succede. Un passaggio che uno studente a casa ricordava bene, e a lezione – o nel peggiore dei casi a un concerto – viene dimenticato, è spesso un passaggio che è stato imparato con movimenti incoordinati. A casa, si potrebbe riuscire a memorizzare anche con movimenti scorretti, ma sotto stress, si aggiunge della tensione ad altra tensione già presente, così trabocca, e il passaggio fallisce. La tensione, è sempre d’intralcio nella fluidità delle note, che vanno una dopo l’altra, e quando c’è un disturbo in tale continuità, avvengono i vuoti di memoria. Ma questo dopotutto, non è un vero vuoto di memoria, si tratta perlopiù di un fallimento tecnico, anche se è probabilmente il motivo principale per cui avvengono vuoti di memoria.

Se si ha un vuoto di memoria è sempre utile chiedersi perché si ha avuto un vuoto lì invece che in un altro punto. Spesso c’è un motivo, legato alla mancanza di una delle componenti della memorizzazione, o al sopravvento di una rispetto alle altre.

Ci sono delle pratiche che sono distruttive per la memoria, e qui alcuni di voi non si troveranno d’accordo, ma è così: l’indipendenza delle mani, e il memorizzare un brano lontano dal pianoforte.

Dovrebbe essere chiaro a questo punto perché il secondo è un problema: vengono meno la parte cinetica e la parte tecnica della memorizzazione. Il cervello è troppo in avanti rispetto alle dita, ed è un problema anche questo. Quindi, il lavoro mentale, e il lavoro cinetico, non devono mai essere separati al pianoforte. Questo non vuol dire che non sia utile pensare o canticchiare un brano lontani dal pianoforte, naturalmente, in quanto ciò rafforza la parte uditiva e la parte concettuale, ma ciò si deve limitare ad essere solo un ausilio. Sì, ci sono casi di pianisti che imparavano brani sul treno... Ma sono grandi eccezioni, di certo non la normalità. Non è una buona idea affidarsi a tali esempi.

Per quanto riguarda invece l’indipendenza delle mani, ebbene... Vi prego di leggere con attenzione questo paragrafo, perché è facile interpretarlo male.
Suonare a mani separate, come modo di imparare un brano, o per necessità di risolvere problemi tecnici, può essere un’altra causa di vuoti di memoria. La memorizzazione e l’apprendimento di un brano deve avvenire con le mani totalmente interdipendenti, perché così facendo, una mano richiama l’altra. Mi spiego meglio, siccome quello che sto spiegando è piuttosto controverso. Vi è mai capitato di dimenticare ciò che fa una delle due mani, interrompendo quindi la memoria? Oppure, una delle mani suona in automatico, mentre l’altra ha tutta l’attenzione conscia? E spesso si tratta della mano sinistra? Questo avviene perché, evidentemente, la mente è concentrata maggiormente sull’altra mano, che spesso si tratta della destra, in quanto più frequentemente ha la melodia principale, e quindi la mano che ha meno concentrazione suona per memoria cinetica. E se avete letto con attenzione quello che ho scritto fin ora, dovrebbe essere chiaro il motivo per cui è un problema. Quindi, in questo caso, vuol dire che la mano non è realmente collegata all’altra mano, non sono interdipendenti le mani. Questo può avvenire anche studiando a mani unite, se non si pone attenzione ad entrambe le mani, quindi non sto dicendo che studiare a mani unite sia la soluzione a tutti i problemi, ma è comunque più facile che questo capiti dopo lo studio a mani separate, per quanto possa sembrare paradossale. Tuttavia, chiaramente, esiste la situazione in cui è necessario isolare lo studio di una mano per risolvere problemi tecnici. La soluzione a questo problema, sta nel risolvere il problema tecnico necessario a mani separate, ma, una volta risolto, bisogna ritornare al processo di memorizzazione sopra descritto, a mani unite, in modo che non siano mai indipendenti. In ogni caso, se siete convinti dell’importanza del praticare sempre prima a mani separate, e non avete in genere problemi di memoria, direi che non è un problema, anche perché quello che è veramente importante è che, quando le mani sono assieme, sono interdipendenti. Il problema nasce se le mani restano indipendenti dopo averle messe assieme, perché il cervello farà grande fatica a concentrarsi su entrambe. Il cervello non è in grado di fare due cose contemporaneamente, è solo in grado di passare da una cosa all’altra rapidamente, anche per questo è essenziale che le mani siano sempre interdipendenti. Vi assicuro che se riuscite a suonare un brano con due mani, mentre usate i pedali, mentre respirate, e così via, è solo grazie al fatto che il cervello sta lavorando di interdipendenza in maniera automatica. Se dopo avere letto questo paragrafo non siete per niente d’accordo, è probabilmente perché non l’avete capito (anche perché c’è il concetto di interdipendenza dietro che non mi posso mettere a spiegare troppo in dettaglio, potrei farlo, ma non voglio andare fuori dall’argomento principale, che è la memorizzazione).

L’ultimo problema che tratterò brevissimamente: l’ansia da palcoscenico. È un problema, indubbiamente, in quanto, come ho spiegato sopra, aumenta la tensione, e può generare vuoti di memoria. Quello che mi sento di consigliare per questo problema, è la desensibilizzazione sistematica: è una terapia impiegata in psicologia, quando c’è uno stimolo che provoca ansia, o paura. In cosa consiste? Nella presentazione ripetuta dello stimolo al soggetto, alternata al rilassamento. In parole semplici: più vi esibite, meno ansia avrete. In particolare, un brano nuovo è un nuovo stimolo, per cui, se si ha ansia da palcoscenico, è più probabile che vada qualcosa storto in quel brano a un concerto, è assolutamente normale, e bisogna esserne consapevoli. Quello che potete fare voi a casa per lavorare attivamente al problema, è registrare qualche vostra esecuzione e riascoltarla (è importantissimo riascoltarsi, anche se l’esecuzione fa schifo, altrimenti non ha senso!), oppure, farvi ascoltare da amici/parenti.

Per quanto riguarda altre pratiche, come la meditazione, o il suonare a occhi chiusi e così via, sì, possono essere utili, ma non entro nel merito, anche perché non sono realmente necessarie, e hanno benefici che vanno al di là della memorizzazione.

Spero di avere trattato in maniera sufficientemente completa ma non troppo, troppo pesante questo problema. Complimenti se avete letto tutto, hahaha.

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Le mie esecuzioni / F. Chopin - Op. 10 N. 2
« il: Luglio 15, 2017, 06:49:40 pm »
Oggi mi sono svegliato con la voglia matta di registrare questo studio, senza nessun particolare motivo. Quindi l'ho fatto. ;D Ho approfittato anche per fare una scansione del mio spartito, così che possiate ammirare tutti i vari i segni e le varie semplificazioni che faccio, pur senza togliere nessuna nota, per suonarlo in questo modo. Potrete notare varie cose che sono tipiche del mio modo di studiare pezzi che ritengo molto impegnativi tecnicamente: pongo molta attenzione all'espressivit  della sinistra, e creo continuamente delle linee melodiche nascoste: secondo la mia esperienza, pensare alla mano che fa la parte più semplice rende il pezzo più semplice da suonare; uso delle frecce (ne manca qualcuna a dire il vero, ma non mi andava di scansionare di nuovo), di cui vi sfido ad indovinarne il significato se vi va (sono veramente essenziali, a mio avviso), e magari provate anche ad indovinare dove mancano; la diteggiatura è scelta rigorosamente dall'inizio alla fine (in certe parti mi sono dimenticato di evidenziarla ma è definita in ogni battuta); lo stesso vale per i pedali. Scegliere la diteggiatura in maniera così esageratamente non è una cosa che faccio di solito, in genere mi limito ai passaggi più impegnativi, però per uno studio così impegnativo direi che è d'obbligo scegliere la diteggiatura dall'inizio alla fine.

http://youtu.be/GYTvCALVZak

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Segnalazioni / Due problemi che ho notato
« il: Aprile 19, 2017, 11:03:57 pm »
Andrò dritto al punto:




  • Da notare come nella prima immagine l'ultimo post risulta essere di un topic chiamato "Spazio Tutorial", mentre l'ultimo post è in realtà di un nuovo topic. Questo è successo non solo con questo topic, ma anche con altri che ho visto nella sezione presentazioni.






  • Questi due utenti, dopo avere creato un topic, hanno ancora 0 post.
Dopo avere fatto un test, ho notato che i due problemi sono collegati: creando un topic non solo non appare nell'indice, ma il post non viene contato. Tra l'altro, perfino questo topic non appare nell'indice al momento.

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Tecnica / Considerazioni sul come sedersi al pianoforte
« il: Marzo 23, 2017, 10:53:43 pm »
Condivido qui una mia traduzione di un breve estratto del primo DVD della tecnica Taubman, arricchita con varie altre fonti, contenente varie considerazioni di carattere abbastanza scientifico (con altre fonti citate altrove). Si tratta anche di un breve estratto o di una importante fonte per un mio ipotetico futuro libro di tecnica pianistica, che sto molto, molto lentamente scrivendo. Le considerazioni sono valide esclusivamente per la tecnica pianistica, potrebbero non essere valide per strumenti con tastiera non pesata. Per quanto possa essere una interessante lettura, si tratta perlopiù di un riferimento personale per miei futuri post, e potrebbe non essere pienamente comprensibile o condivisibile non avendo chiaro il quadro completo della tecnica. Inoltre, non dice tutto quello che c'è da dire sul come ci si siede al pianoforte (non menziona la posizione sullo sgabello, né come dove essere la schiena e varie altre cose).


Conoscere i seguenti principi e concetti servirà per iniziare a valutare una tecnica. Non serve conoscere molto riguardo i muscoli, anche se chiaramente c’è molta attività complessa nei muscoli mentre suoniamo, e non ce ne rendiamo conto fin quando non abbiamo problemi. Bisogna sapere cosa sono i muscoli flessori e i muscoli estensori: i primi sono i muscoli che permettono alle dita di muoversi verso il basso, i secondi sono quelli che permettono alle dita di andare verso l’alto. Le dita hanno due lunghi flessori, il flessore superficiale, collegato alla falange media, e il flessore profondo, collegato alla falange distale. Il secondo in particolare viene attivato quando si arricciano le dita, irrigidendo il polso. Entrambi sono situati nell’avambraccio, e tirano in direzioni opposte. Questo significa che non devono mai essere usati entrambi allo stesso tempo, altrimenti ne risulta la cosiddetta co-contrazione, causa principale della tensione pianistica: ogni volta che si utilizzano due muscoli antagonisti, ne risulta tensione. Bisogna sapere anche cosa sono i muscoli abduttori e gli adduttori: sono muscoli che permettono di aprire e chiudere le dita (lateralmente).

Tutto il movimento è prodotto dal sistema della leva. Un esempio è quello del ponte mobile, in cui c’è un punto fisso dal quale il ponte si muove su e giù. Un altro esempio è quello dell’altalena, in cui si ha un cavallo di legno sopra un’asse, e l’asse si muove in entrambe le direzioni, grazie a un punto fisso. Nel nostro corpo i punti fissi si traducono in fulcri, in articolazioni: le nocche da cui si muovono le dita, il polso per le azioni della mano, il gomito per il movimento della mano e dell’avambraccio, e la spalla per il movimento dell’intero braccio. Vedremo le conseguenze del capire dove i fulcri sono posizionati, di modo che le nostre diverse parti degli arti possano muoversi comodamente e in velocità.

Ogni parte dell’arto ha una certa flessibilità articolare, cioè si può muovere entro due estremi di un arco. Uno dei principi più importanti del movimento in generale, utile per valutare la tecnica, è che il movimento fisiologicamente migliore è tale da consentire movimento nella parte media dell’arco del movimento. Il movimento è più semplice e comodo vicino alla parte media, e aumenta di difficoltà man mano che ci si avvicina a l’uno o l’altro estremo del movimento. Questo lo scoprì Otto Ortmann, e lo scrisse nel suo libro pubblicato nel 1929, “The Physiological Mechanics of Piano Technique”. Ciò che intende dire è che, se per esempio si alza la mano, usando il polso come fulcro, più in alto possibile, c’è sempre più tensione, lo stesso avviene se si abbassa il più possibile, ma se ci si muove solo a metà della traiettoria verso qualunque degli estremi, è molto più semplice muoversi. Questo principio riguarda quindi l’evitare di estendere le dita il più possibile, il non alzare le dita individualmente più in alto possibile, si riferisce a torcere il polso molto (cioè ruotare la mano verso il pollice o il mignolo, orizzontalmente) e così via. Ogni movimento che raggiunge il limite estremo del movimento è un pericolo che può creare un infortunio.

Se i movimenti delle dita non sono sincronizzati con la mano e il braccio, non c’è nulla che previene all’avambraccio di andare verso sinistra mentre le dita vanno verso destra (o viceversa), producendo un trascinamento nel moto delle dita, o impedendo il movimento. Ci sono moltissimi modi in cui una tale incoordinazione può avvenire. Di conseguenza, le dita, la mano e il braccio devono essere posizionati in modo da lavorare come unità. Il modo in cui ci si siede al pianoforte è quindi un aspetto fondamentale, perché se ci si siede all’altezza sbagliata si perde l’unità.

Per creare e mantenere l’unità, il gomito deve essere allo stesso livello della tastiera, ma non deve essere forzato nella posizione, cioè l’intero braccio non deve essere sospeso: non bisogna svolazzare, bisogna avere la sensazione di appoggio sulla tastiera, ma senza che i tasti vadano giù. Per far sì che ciò avvenga, si deve sentire che c’è contatto tra le punte delle dita e i tasti, “afferrandoli” in molto leggero (senza arricciare le dita), così leggero da non premere i tasti per via del troppo peso e allo stesso tempo non avere l’intero braccio sospeso. È quindi anche una questione di controllo del peso. Ma è importante che ci sia questa sensazione di contatto, perché è l’unico contatto che c’è con la tastiera, e questo è ciò che unifica tutte le parti dell’arto superiore.

L’avere il braccio sospeso non è qualcosa di visibile, come molte delle cose sbagliate che si possono fare. Ciò che succede quando non c’è il senso di contatto con la tastiera, è che il braccio, intendendo da ora in poi solo la parte superiore, compresa tra la spalla e il gomito, si farà carico e ci farà tenere sulla tastiera, altrimenti la mano cadrebbe dalla stessa, e quando questo avviene si percepisce fatica nel braccio. Quando si ha questo sintomo, è quindi probabilmente dovuto al fatto di svolazzare sulla tastiera. Quando le parti corrette del corpo non funzionano correttamente, le parti sbagliate si attiveranno per fare del lavoro che non avrebbero dovuto fare, creando sensazione di fatica e dolore.

Quando la mano è appoggiata sulla tastiera, e il peso è distribuito in modo bilanciato tra le dita, la mano e l’avambraccio, se i tasti sono pesati, saranno questi ultimi a sostenerci, dandoci la sensazione di appoggio, senza cadere dalla tastiera. Punto importante è il fatto che quando la mano è appoggiata sulla tastiera non c’è un rilassamento, il polso non deve andare verso il basso, ci deve essere solo la sensazione di non svolazzare sulla tastiera.

Uno degli scopi principali dell’esercitarsi ad avere la sensazione di appoggio senza che i tasti vengano premuti è l’imparare a ridistribuire il peso tra tutte le parti dell’arto superiore di modo che la somma totale sia uguale al peso dei tasti. Nessuna parte peserà troppo, e in questo modo l’arto è “bilanciato rispetto alla tastiera”, come una bilancia in equilibrio. In questo modo non solo si evita lo svolazzamento, ma anche l’affondamento, cioè il dare troppo peso ai tasti. Per suonare staccato inoltre questo equilibrio è essenziale. Ma questo esercizio va fatto giusto il necessario, per dare all’arto il “messaggio” di come essere in relazione con lo strumento. È particolarmente importante per coloro che hanno i difetti citati sopra, che sono molto comuni. Lo stesso equilibrio bisognerebbe avvertirlo sotto i tasti quando si suona legato. Tuttavia, la connessione delle punte delle dita non è un fattore qui perché le dita hanno un “pavimento” su cui stare. Non bisogna pensare infine che tutte le dita devono restare sui tasti mentre si suona. Infatti, mentre si suona, la maggior parte del tempo solo le dita che suonano toccano i tasti. Le altre dita generalmente svolazzano vicino ai tasti, ma non li toccano, eccetto in tocchi molto leggeri specifici.

Ci sono molti modi in cui si può sbagliare, mentre generalmente c’è solo un modo in cui si può agire correttamente, e si avrà anche la sensazione di farlo. L’altezza a cui ci si siede al pianoforte, siccome dipende dalla posizione del gomito rispetto alla tastiera, non dipende dall’altezza della persona, ma esclusivamente dalla lunghezza del braccio (dalla spalla al gomito). Un braccio corto richiede il sedersi bassi abbastanza da posizionare il gomito all’altezza della tastiera, mentre un braccio lungo richiede il sedersi alti per lo stesso motivo.

Ci sono alcuni sintomi caratteristici del sedersi troppo alti: quando ci si siede alti, si perde la sensazione di appoggio alla tastiera, e quindi si perde il supporto dell’intero braccio per le dita, rendendo molto difficile suonare. Di conseguenza, si tende a compensare con la mano, abbassando il polso. Questo causa una rottura dell’unità, anche quando si abbassa molto poco. Inoltre, il peso dell’intero braccio cadrà nel polso, e questa è una delle cause principali per dolore del polso, che può degenerare nella sindrome del tunnel carpale. Infine, con il polso verso il basso, si ha la sensazione di scivolare dalla tastiera, di conseguenza è possibile che le dita inizino ad aggrapparsi alla tastiera, creando irrigidimento.

In generale, avere il polso basso non è una cosa positiva, gli stessi sintomi appena descritti rimangono indipendentemente dall’altezza a cui ci si siede al pianoforte. Il polso basso viene naturalmente quando si ha il gomito troppo in alto, e ciò può avvenire anche quando ci si siede correttamente. In tal caso probabilmente si avranno anche altre parti del corpo rigide, quali le spalle. Abbassare il gomito all’altezza giusta risolverà la maggior parte dei casi. Un insegnante dovrà comunque far sentire all’allievo abituato al polso basso la sensazione di averlo alto, provando a mantenerlo personalmente più in alto in una prima fase. Bisogna immaginare che la mano e l’avambraccio siano una strada connessa da un ponte levatoio in corrispondenza del polso, e in questa strada passano continuamente automobili. Se si tiene il polso basso, le automobili non potranno attraversare il ponte.

Un altro sintomo possibile quando si è seduti troppo alti è che si cerca di utilizzare il peso dell’avambraccio abbassando la spalla. Questo causa dolori al collo e alle spalle. Inoltre, tutta la fatica creata nel braccio causa spesso un rilassamento dello stesso, quindi il peso viene spostato, e le dita non riescono più a muoversi.

Ci sono altrettanti sintomi caratteristici del sedersi troppo bassi: il gomito è sotto il livello della tastiera, quindi il peso cadrà nel gomito. Quindi si avrà la sensazione di scivolare dalla tastiera, e nuovamente le dita cercheranno di aggrapparsi, creando irrigidimento. In questa circostanza non saranno disponibili le varie altre parti del braccio per supportare le dita la discesa del tasto, quindi quello che avviene spesso è che, per avere un po’ di supporto dalla mano, si alzerà il polso. Anche avere il polso alto non è positivo, crea dolore nel polso. Questo naturalmente romperà ancora l’unità: il polso non deve essere mai sempre basso o alto, altrimenti inevitabilmente si ha una rottura. Tuttavia, con il polso in alto e il gomito in basso, qui si ha una doppia rottura.
Un altro sintomo, anche in questo caso, riguarda la spalla: avere il gomito basso e il polso alto potrebbe generare naturalmente la necessità di alzare la spalla, in modo da avere un leggero supporto dell’avambraccio. Avere le spalle alte naturalmente non è positivo, causa dolore nel braccio, nel collo, nelle spalle e nella schiena: qualunque insegnante vedendo la posizione direbbe di rilassare le spalle, ma se si è seduti troppo bassi si ritorna nella situazione descritta precedentemente. Quindi in ogni caso non sarebbe un modo efficiente di iniziare a suonare. Ogni dolore o fastidio che percepiamo è un sintomo, questo è ciò che bisogna realizzare, e individuare la causa di un sintomo è importante.

Si potrebbe essere sorpresi di sapere di quanti tra i più grandi pianisti, anche virtuosi, hanno avuto problemi fisici dovuti al modo di suonare: Schnabel, Fleischer, Graffman, Rachmaninoff, Clara e Robert Schumann, Paderewski, Scriabin, Gould, Landowska, Friedman, e Goode per nominarne alcuni. Di conseguenza, il pedagogo Matthay metteva in guardia chi cercava di imitare i grandi artisti, la cui tecnica poteva essere una combinazione di movimenti sani e altre maniere “inusuali”. Ad esempio, il pianista Boris Berman notò che Glenn Gould suonava brillantemente “non grazie al suo modo di sedere anormalmente basso, ma nonostante esso”. Gould stesso descrisse i propri problemi, che qualcuno ritiene fossero dovuti alla distonia, che si evolse in una “disturbante rottura del controllo” finché “non fosse più possibile neanche suonare un corale di Bach con sicurezza”.

In ogni caso, molte persone quando si siedono percepiscono naturalmente l’altezza corretta a cui ci si siede al pianoforte, quindi non occorre per forza attribuire i propri problemi immediatamente all’altezza a cui ci si siede al pianoforte. Non bisogna iniziare subito a cambiare i propri atteggiamenti basandosi su queste informazioni, perché è possibile che si stanno facendo molte cose correttamente, ma c’è una singola cosa sbagliata che sta impedendo a molte altre cose corrette di funzionare bene. Quindi è sempre necessario un insegnante che veda lo studente suonare a cui porre i propri dubbi, perché molte di queste cose che si stanno descrivendo in questo capitolo sono nascoste in una tecnica del tutto naturale.

Sedersi correttamente quindi permette il corretto posizionamento del braccio, quindi il corretto posizionamento del gomito, che di conseguenza è in grado di agire come un fulcro stabile per l’attività dell’avambraccio e della mano.

Il braccio (riferendosi sempre solo alla parte superiore) non è in grado di muoversi verticalmente, siccome è fissato tra la spalla e il gomito, inoltre non è in grado di muoversi neanche orizzontalmente in velocità, perché si muove grazie a un muscolo molto lento. Si può verificare facilmente cercando di muovere rapidamente il braccio orizzontalmente, che non è affatto molto veloce comparato al movimento delle dita, e comparato soprattutto al movimento orizzontale dell’avambraccio. L’avambraccio inoltre è anche in grado di ruotare rapidamente. La combinazione dei due movimenti che è in grado di compiere l’avambraccio è ciò che permetterà di raggiungere alte velocità. Inoltre, il movimento del braccio è responsabile di molti infortuni, quindi ancora una volta non si stanno dando solo principi ed idee tra varie possibili scelte.

Chiaramente, quando si muove l’avambraccio orizzontalmente, ad esempio durante una scala, il braccio non resta fermo e rigido, anzi si muove, ma la differenza è che non si sta muovendo da solo, ma si sta muovendo come reazione al movimento dell’avambraccio, cioè lo si sta spostando, in modo così piccolo da essere quasi impercettibile. Se si pensa di iniziare il movimento partendo dal braccio, si finisce per muoversi troppo, e quando questo avviene le dita smettono di muoversi, perché quando una parte dell’apparato si muove troppo qualche altra parte smette di muoversi, o smette di lavorare. Un altro esempio è che se le dita agiscono troppo allora l’avambraccio smette di agire. Quindi, di nuovo, tutto deve assolutamente lavorare con un’unità.

Quando ci si siede correttamente, si viene a formare un angolo tra il braccio e l’avambraccio in corrispondenza del gomito, e il gomito è leggermente più avanti del busto. Questo modo di posizionare l’arto superiore deve rimanere sempre anche quando ci si muove lungo la tastiera, quindi il busto si deve muovere accompagnando il movimento dell’arto. Quando si suona la mano destra nella parte inferiore della tastiera, o la mano sinistra nella parte superiore, di conseguenza, il busto deve andare leggermente all’indietro. L’unica circostanza in cui non si ha l’angolo sopra citato è quando si suona agli estremi della tastiera, con la destra nella parte più acuta e la sinistra nella parte più grave: in questo caso il busto va leggermente in avanti per aiutare il movimento, e l’angolo sparisce quasi totalmente, gli arti sono quasi dritti.

Anche il gomito viene spostato dal movimento dell’avambraccio, non resta fermo, deve restare sempre in una posizione tale da mantenere sempre l’unità, e tale da evitare di torcere il polso (come si vedrà nel capitolo 3).

Riguardo la posizione della mano, si può osservare che quando si è alzati le mani sono a lato, girate con il palmo rivolto verso il corpo. Di conseguenza, per posizionare la mano sulla tastiera, sarà necessario un movimento di rotazione dell’avambraccio. È importante osservare ciò perché può capitare di non ruotare abbastanza, specialmente nella mano sinistra, trovandosi con la mano leggermente storta. Questo potrebbe essere un altro motivo per il quale l’anulare e il mignolo talvolta danno l’impressione di essere più deboli, perché quando si ha la mano storta in questo modo, non ha il supporto della mano e dell’avambraccio. Quindi, anche se si faranno movimenti di rotazione dell’avambraccio per suonare (come si vedrà nel capitolo 2), questi movimenti devono partire da una posizione della mano dritta rispetto alla tastiera. Un insegnante potrà usare l’anulare come modello, perché quel dito spesso dà l’impressione di essere storto e quindi debole. La sensazione di avere l’anulare dritto rispetto alla tastiera aiuterà successivamente ad avere la stessa sensazione per ogni dito.

Lo stato muscolare delle dita e delle mani quando sono alla tastiera, pronte a suonare, determina in gran parte se la tecnica funzionerà in modo coordinato. Spesso viene detto agli studenti di fissare le posizioni, quindi di preparare, di irrigidire, e fissare la posizione delle dita e delle mani in modo particolare per iniziare a suonare. Tutto ciò non serve ad altro che a creare tensione, anche quando si prepara o irrigidisce pochissimo. Spesso inoltre per preparare è necessaria l’azione di muscoli antagonisti, che crea co-contrazione, quindi tensione, come precedentemente accennato. Ma questo crea tensione perfino prima che si inizia a muoversi. Non si deve partire da una posizione rigida per poi suonare velocemente, liberamente, e ottenere colore. Per muovere le dita in qualunque direzione, specialmente in velocità, i muscoli devono essere completamente liberi di agire. Le contrazioni muscolari usate per fissare le dita e le mani usano gli stessi muscoli che le muovono. Quando i muscoli sono programmati per utilizzare muscoli antagonisti, la tecnica è molto limitata: la più piccola tensione limita il movimento.

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Le mie esecuzioni / Franz Liszt - Grandes études, S. 137 N. 8
« il: Marzo 23, 2017, 09:24:41 pm »
Riapriamo l'attivit  del forum con i fuochi d'artificio:
http://www.youtube.com/watch?v=3a3HELjONxA

Questo studio l'ho registrato perché mi piaceva molto di più rispetto alla versione normalmente suonata, in cui la parte più cantabile è stata riscritta da Liszt in modo fin troppo povero, a mio avviso.

Normalmente questo studio è considerato insuonabile. Sto forse dimostrando che non è così? In realt , ritengo che questo studio sia quasi impossibile da suonare così come potete ascoltarlo nel video (che comunque non si tratta di una registrazione accelerata, ma solo di una catena di registrazioni), ma può essere suonato tranquillamente dal vivo, facendolo un po' più lento. Non sono il primo pianista a suonarlo nel mondo, prima di me ci sono stati pianisti come Janice Weber, Alexander Paley, Leslie Howard, Idil Biret. La maggior parte delle esecuzioni, tuttavia, è a un tempo piuttosto ridotto, oppure tende a suonare molto più lente le parti difficili. La differenza di difficolt  notevole tra questo studio e il trascendentale più comunemente suonato, comunque, è soprattutto nei passaggi come quello della battuta 1, e in alcuni passaggi accordali, in cui Liszt ha originariamente scritto degli accordi più scomodi da prendere. Risolte queste difficolt  aggiuntive, la difficolt  è sostanzialmente la stessa, è solo uno studio molto più lungo (circa 2-3 minuti più lungo in un'esecuzione normale) e quindi più difficile da sostenere fino alla fine.

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Tecnica / Ottave su tasti neri (Topic recuperato)
« il: Marzo 23, 2017, 09:02:57 pm »
La maggior parte delle scuole tradizionali di tecnica suggerisce di suonare le ottave su tasti neri con la diteggiatura 14, talvolta anche 13. Tale diteggiatura viene addirittura suggerita per i tasti bianchi, qualora si debbano suonare delle ottave legate. Le motivazioni per tale scelta sono talvolta nel fatto che l'anulare è un dito più lungo, quindi la presa è più sicura, altre volte nel fatto che il pollice non può legare quindi si lega solo la nota superiore mettendo 4 invece di 5...

Tuttavia, le più recenti tecniche che si affidano di più a risultati scientifici suggeriscono di evitare totalmente tale diteggiatura, eccetto in casi sarebbe impossibile mettere 15 (se ad esempio c'è un mordente sull'ottava su tasto nero, o altri abbellimenti che potrebbero impedire di mettere 15), o quantomeno suggeriscono di evitare di usare spesso tale diteggiatura.

Le motivazioni risiedono nel fatto che suonare un'ottava con 14, o addirittura con 13, anche per chi ha le mani grandi, richiede di estendere le dita, ed inoltre crea automaticamente un disallineamento dell'avambraccio, cioè la mano è costretta a ruotare verso il mignolo per permettere che tale apertura colpisca due tasti neri ("twisting"). Attenzione, con "allineamento" non mi sto riferendo all'allineamento completo dell'avambraccio con il dito, di cui parla Sándor, che in un modo o nell'altro porta lo stesso a fare movimenti poco consigliati. Il vero allineamento naturale forma sempre un angolo tra le dita e l'avambraccio, che cambia leggermente da persona a persona, mediamente comunque l'angolo tra radio e indice è di 15 gradi:

(questa non è una mia immagine)

Nel mio caso la mano è grande, quindi la differenza tra 15 e 14 non è particolarmente notevole:



Nel caso di una mano piccola tuttavia, tale differenza è maggiore. Il problema si aggrava ancora di più proprio quando si cerca di legare passando da 15 a 14. Ciò è un problema, in quanto facilmente si raggiunge il limite estremo di quel movimento, e più ci si avvicina a tale limite e più c'è tensione e perdita di efficacia.

In generale, ruotare la mano in quel modo è generalmente sconsigliato nelle tecniche moderne scientifiche, ed è considerato una delle cause più comuni che causano infortuni ai pianisti. Ci sono anche sondaggi, che mostrano che circa il 52% dei pianisti con problemi attribuiscono la causa alle ottave. Un esempio di pianista che ha dovuto smettere di suonare, se non solo con la mano sinistra, presumibilmente per problemi alle ottave, è Gary Graffman (maestro di Lang Lang e Yuja Wang), che suonava spesso le ottave con 14 e 13, ma che ammette che hanno contribuito a portarlo a una distonia focale.

Allora, ho provato ultimamente a suonare le ottave sempre con 15, se non dove è impossibile. Effettivamente, perfino avendo la mano grande, sento molta meno tensione. L'unico problema è che effettivamente non si può più legare fisicamente le ottave usando sempre 15.

Ma è davvero necessario farlo? Si sente davvero la differenza? Per rispondere a tale domanda, ho provato a leggere al volo le prime 3 pagine dello studio di Chopin per le ottave, Op. 25 N. 10, e ho provato a registrare suonando prima con una diteggiatura "tradizionale", legando fisicamente mediante 14 e talvolta 13, e poi provando a suonare tutto con 15. Personalmente, ascoltandomi, non ho sentito differenze notevoli.

Nella parte lenta, Chopin scrive ben legato, ma non ho suonato per niente legato quando ho adoperato la diteggiatura sempre con 15... Eppure, suona lo stesso ben legato.

Ho proposto l'ascolto delle due versioni alla mia ragazza (attualmente ex-ragazza), che è una brava pianista con un ottimo orecchio, per vedere se era in grado di indovinare in quale versione adoperavo la diteggiatura con 15. Ma non era in grado di distinguere le due diteggiature.

Propongo allora anche a voi l'ascolto. Ho registrato prima le prime due pagine:
http://www.mediafire.com/download/btfzxby5v6jn92y/ottave_a.mp3
http://www.mediafire.com/download/5vv9afuz63o8o49/ottave_b.mp3
Poi la terza pagina:
http://www.mediafire.com/download/mak01xj11857775/ottave_c.mp3
http://www.mediafire.com/download/6kvq73g0yboajit/ottave_d.mp3

Sareste in grado di distinguere con certezza assoluta in quale audio ho usato quale diteggiatura? Se la risposta è no, vuol dire che c'è una grande lezione da imparare: lo spartito deve essere un indicazione di ciò che deve essere riprodotto, non fatto. Quindi, se ad esempio Chopin scrive "ben legato", l'importante è la musica suoni ben legata, non che fisicamente si leghi bene. Questo è un fatto molto importante, secondo me.

Ricordo la mia insegnante che obbligava un allievo a mettere una diteggiatura molto scomoda e piena di cambi di dita per legare la sinistra nel terzo movimento della seconda sonata di Chopin... Eppure, Michelangeli in tale contesto suona la sinistra quasi staccata... E suona pure meglio. Oramai sono convinto che non sia realmente necessario, cioè che non ci sia realmente grande differenza se si suona staccato o legato quando c'è il pedale. La differenza è notevole praticamente solo quando si stacca troppo, o quando ci si dimentica che comunque il suono va controllato anche quando si stacca.

In realtà, comunque, una lieve differenza tra gli audio sopra linkati c'è. Ma c'è da considerare che questo non è un pezzo nel mio repertorio, e la differenza può essere praticamente completamente eliminata con un minimo di studio in più. Praticamente, per suonare le ottave sempre con 15 bisogna prestare un po' più attenzione al suono, proprio perché non si deve perdere l'illusione del legato. Se si suonano correttamente, la differenza è praticamente inesistente. In compenso, per questa attenzione in più, c'è davvero molta meno tensione. Perfino con la mia mano, per registrare le prime due pagine utilizzando la diteggiatura con 14 ero arrivato alla fine con una tensione percepita, e significamente maggiore.

Personalmente, la mia posizione è attualmente questa in merito a questo argomento: la diteggiatura 14 va evitata sempre, così come in generale va evitato il twisting, eccetto in due casi, cioè quando sono presenti abbellimenti prima o dopo l'ottava che impediscono di utilizzare la diteggiatura 15, e quando non è possibile legare di pedale per ragioni musicali o storiche (ad esempio in bach magari). Nelle ottave staccate direi che è severamente bandita in qualunque contesto.

Naturalmente, in pochi sarebbero disposti a cambiare l'abitudine di usare la diteggiatura 14 prima che gli si mostri come fare in modo che non sia più necessaria.

Ma personalmente, sono sicuro che una volta che si capisce come fare chiunque cambierebbe. Le ottave in generale purtroppo sono una cosa che facilmente può causare molta tensione purtroppo, e non finisce qui il discorso: ad esempio ci sono pianisti che consigliano di arricciare l'indice quando si suonano le ottave, il che naturalmente causa molta tensione in più, altri pianisti suggeriscono di suonare le scale e gli arpeggi di ottave tramite un movimento (completamente innaturale) del polso, mentre sarebbe molto più efficiente e senza tensione sfruttare semplicemente il rimbalzo, e così via... Purtroppo, finché non ci si allontana dalla tradizione, e si ascolta la scienza, la tecnica non sarà mai perfetta. Anche riguardo il come evitare il twisting in generale ci sarebbe da dire molto, non è una cosa immediata, specie quando si proviene da scuole tecniche tradizionali. Ma è possibile, ed è molto meglio.

Se volete sapere quale audio ha quale diteggiatura, ci vogliono almeno 3 post di risposta (da persone diverse) a questo ;D E poi prometto che lo dico e non mento. Altrimenti, se proprio siete curiosi, scrivetemi in privato con le vostre ipotesi, e vi dico se sono giuste o no. ;)

N.B. Topic del 21 Settembre 2016, recuperato grazie ad una copia cache.

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Le mie composizioni / Minuetto Jazz
« il: Giugno 14, 2015, 09:52:46 pm »
Ho avuto qualcosa del genere in testa per qualche giorno, quindi l'ho composto ed è venuto fuori questo.
<a href="http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/minuetto-jazz" target="_blank" class="new_win">http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/minuetto-jazz</a>

9
Le mie esecuzioni / B. Herrmann "Psycho" Prelude
« il: Giugno 01, 2015, 03:38:55 pm »
Tecnicamente non è una mia composizione, quindi la metto in questa sezione. Si tratta di una mia trascrizione di una musica di Bernard Herrmann. Se ci fosse qualcuno interessato allo spartito me lo chieda.
<a href="http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/psycho-prelude-piano-version" target="_blank" class="new_win">http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/psycho-prelude-piano-version</a>

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Le mie composizioni / Uno studio per natale...
« il: Dicembre 23, 2014, 06:24:48 pm »
Condivido con voi uno studio che ho composto per natale.

<a href="http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/studio-n4-in-re-minore&amp;color=3b5998" target="_blank" class="new_win">http://player.soundcloud.com/player.swf?url=https://soundcloud.com/pianothshaveck/studio-n4-in-re-minore&amp;color=3b5998</a>
Studio n.4

Buon Natale!

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Di tutto e di più / Quando ti rendi conto che non sai suonare...
« il: Agosto 16, 2014, 03:20:24 pm »
Cory Hall si è dato alla cucina. ;D

http://youtu.be/r_1RTxVDm44
(sto scherzando riguardo il fatto che non sappia suonare, non fate discussioni inutili)

12
Le mie esecuzioni / J. F. F. Burgmüller op. 100
« il: Agosto 12, 2014, 04:25:28 pm »
Sto attualmente registrando l'op. 100 di Burgmüller. Ho deciso di fare un video (con spartito) per ogni esercizio, e mettere tutti i video in una playlist, così non devo fare un post ogni nuovo esercizio che registro (farò solo un post quando avrò terminato tutto).
Questa è la playlist.
http://www.youtube.com/playlist?list=PLbfXNkHQ-CqswIEncN2k1xYjIt7v11WWw

13
Le mie esecuzioni / Programma concerto
« il: Agosto 11, 2014, 01:23:52 pm »
Questa sera posterò l'esecuzione del programma del mio concerto di settembre (l'ho già registrata, solo che l'upload è pesante). Il concerto è abbastanza breve, dura circa 34 minuti, non vi aspettate nulla di che. Il programma è composto dal preludio e fuga in mi maggiore dal primo libro del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach, dalla "Sonata quasi una fantasia" n. 14 di L. v. Beethoven, dalla rapsodia op. 79 n. 1 di J. Brahms, e da una trascrizione per pianoforte di E. Dohnányi di Du und Du (di J. Strauss jr.).
Ho registrato tutto in una sola volta con Pianoteq, con il K2 Studio Recording BA (non modificato).
Anticipo che ho suonato sempre meglio, nel senso che Bach e Beethoven li ho fatti un po' una schifezza, mentre il resto non è male. :D

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Di tutto e di più / A voi la scelta, di nuovo.
« il: Agosto 06, 2014, 06:57:53 pm »
È passato un bel po' di tempo da questo post... E non ho postato nulla di ciò che è stato votato, purtroppo. Scusatemi. La motivazione non è neanche tanto la mancanza di tempo o di voglia, ma il continuo cambiamento di programma e di interpretazione... Ad esempio ho registrato le sonatine di clementi un sacco di volte, e un sacco di volte ho cancellato tutto per cambiamenti vari (ad esempio quando ho iniziato ad usare Pianoteq, ma non solo). Dato che rispetto a quel periodo erano più presenti altri utenti (anche quelli che erano i più attivi lo sono decisamente molto meno ora), chiedo un'altra volta: cosa vorreste che io registri? Prometto che questa volta posterò un pezzo/esercizio alla volta, per non rischiare che cambi idea e decida di registrare altro, o cambi l'idea di un pezzo e debba registrarlo di nuovo. Questa volta non faccio un sondaggio, in modo che abbiate una scelta molto più libera (basta che non mi fate registrare musica moderna tipo Allevi ecc.). Qualche esempio: una sonata di mozart, una mazurka di Chopin, un libro di esercizi/studi... Qualunque cosa di qualunque difficoltà, come nello scorso sondaggio, però ora con una scelta più vasta. Qualora vorreste votare per una collezione o un libro, cercate prima se sia reperibile gratuitamente su internet il libro oppure almeno la lista dei pezzi. Potete votare anche qualcosa di molto difficile, ma tenete in considerazione il fatto che lo faccio soprattutto per i principanti/dilettanti/autodidatti. Quindi se volete votare qualcosa di molto complesso, possibilmente votate per qualcosa di breve (es. un preludio di Chopin difficile, o anche un passaggio molto difficile di qualunque cosa). Se non avete idea di cosa votare, potete dare un'occhiata ai voti del post citato sopra. Dato che le scelte possibili sono molto numerose, sarò io a valutare cosa registrare, scegliendo tra i vostri voti. Ultima precisazione: registro ancora senza video, sia perché faccio molto prima, e sia perché pur avendo sperimentato varie angolazioni, non ne ho trovato neanche una che mi soddisfacesse, specialmente non avendo un cavalletto.
Per chi non mi conosce, qualora vi fosse venuto il dubbio: lo faccio gratuitamente. ;)

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Vi segnalo questo sito che non conoscevo, che è un vero e proprio programma di notazione musicale gratuito online. Pur avendo ovviamente limiti, personalmente lo considero abbastanza completo. Ho rapidamente composto un test per vedere cosa è in grado di fare (potete anche ascoltarlo, premendo P sulla tastiera, o cliccando il pulsante nell'angolo in basso a sinistra):
http://www.noteflight.com/scores/view/8bb5411ab4a68313c996fffa111a501708d9d0fd
Non lamentatevi se la composizione non è un granché, è solo un test fatto in circa un'ora per provare quante più funzioni possibile. Commenti sulla composizione a parte, ho notato vari difetti in NoteFlight, in particolare riguardo la spaziatura di tutti gli elementi, riguardo alle legature, al nascondere oggetti, e al fatto che si possono usare al massimo due voci per pentagramma (una inferiore e una superiore), che comunque nella maggior parte dei casi bastano. In ogni caso, come potete vedere dal test, si riesce comunque ad usare come un vero programma di notazione musicale. Cliccando in alto il tasto "Help Videos" ci sono anche dei video che spiegano come si utilizza NoteFlight. Per iniziare a scrivere musica con NoteFlight basta iscriversi al sito. Una partitura composta potrà anche essere esportata in MusicXML, MIDI o waw, e si può anche stampare.

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